In nome del popolo

La sovranità ora appartiene al Pd

Il ministro Boschi in aula a palazzo Madama ha detto con il suo consueto candore, che una volta approvata la riforma del Senato, l’Italia sarà un paese più semplice. Magari. Al contrario ci sembra che sarà molto più complessa, solo stando all’uso della nostra lingua, che nelle variazioni al testo mostra periodi di 48 parole con due sole virgole. I nuovi estensori della Costituzione non avrebbero nemmeno passato un comune esame di giornalismo. Ma ammettiamo anche che l’italiano, lo ha chiesto il professor Ainis sul “Corriere della Sera”, si migliori. Resterebbe il problema delle compatibilità. L’estenuante mediazione interna al Pd ha restituito al Senato la "valutazione delle politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni", quando nel testo votato dalla Camera, il Senato si limitava a "concorrere" nella valutazione. E se non ci fosse accordo fra Camera e Senato su queste valutazioni, come la mettiamo, gentile ministro Boschi? Un eventuale braccio di ferro, o anche solo i tempi per ricercare un accordo, semplificherebbero o complicherebbero la vita del paese? Non è proprio una sciocchezza la valutazione delle politiche pubbliche o delle pubbliche amministrazioni, anzi. È materia sufficiente a mandare in crisi qualsiasi maggioranza e paralizzare un governo. Mentre è chiaro che la minoranza del Pd è riuscita a conservare dei poteri al Senato che gli si voleva togliere, non si è capito esattamente il contendere sull’elettività dei senatori, che pure ha tenuto banco sui giornali per giorni. L'articolo 38 del testo del governo recita che la nomina dei senatori è effettuata esclusivamente dai consigli regionali e ne stabilisce pure le minute modalità. Dunque è rimasta immutata la norma che affida esclusivamente ai consigli regionali la formazione del Senato e nemmeno la si può più discutere. Il famigerato articolo 2 comma 2 che stabilisce che il nuovo Palazzo Madama viene formato dai consigli regionali in modo proporzionale alla loro composizione è intatto. Poi, si, nel codicillo sulla durata del mandato, viene aggiunto che l'elezione avvenga “in conformità” all'esito del voto valido per le elezioni regionali, come da successiva legge ordinaria. “Conformità” garantita da sistemi di nomina da parte dei consigli regionali i quali si desume rispettino in modo proporzionale l'esito del voto regionale. Insomma il popolo elegge i consiglieri regionali e quelli eleggono i senatori. Quale sarebbe il passo avanti che il grande difensore della democrazia, l’onorevole Bersani avrebbe assicurato? Noi non lo vediamo proprio. Vediamo invece che possiamo salutare l’articolo primo della costituzione per cui “la sovranità appartiene al popolo”. D’ora in poi la sovranità sarà condivisa con consigli regionali, o meglio ancora con le trovate del Pd.

Roma, 24 settembre 2015